Motivazione al lavoro: quali meccanismi incidono sulla produttività

30 Maggio 2023 in People Experience

Motivazione al lavoro

Sono le persone a dare il maggior contributo al raggiungimento degli obiettivi di business: per questo, è imprescindibile stimolare la loro motivazione al lavoro, in modo da mantenere alta non solo la produttività ma anche il loro livello di coinvolgimento. 

Motivazione al lavoro: cos’è, come influenzarla e quali benefici

Possiamo definire la motivazione al lavoro come quell’impulso interiore che spinge la singola risorsa a impegnarsi, dando il meglio di sé per raggiungere gli obiettivi prefissati. In questa prospettiva, sono diversi i fattori che possono influenzare, positivamente o negativamente, questa spinta motivazionale: 

  • retribuzione, specie se ritenuta inadeguata; 
  • work-life balance e rischio burnout; 
  • potenzialità di sviluppo e crescita della propria carriera; 
  • livello di apprendimento di nuove competenze; 
  • richieste di maggior flessibilità
  • curiosità verso nuove esperienze, ovvero il desiderio di provare qualcosa di nuovo a livello professionale, per ampliare le proprie competenze e conoscenze.  

Viene da sé che consolidare la motivazione dei propri dipendenti può portare a vantaggi sostanziali per l’organizzazione quali:  

  • la diminuzione dei casi di assenteismo
  • la riduzione del rischio di turnover;  
  • il miglioramento della qualità dei rapporti organizzazione-dipendenti e azienda-clienti; 
  • l’ottimizzazione delle prestazioni dei lavoratori e della loro produttività. 

Di contro, se ne deduce come la perdita di questo stimolo possa costituire un pericoloso ostacolo per lo sviluppo dell’azienda e delle sue persone.  

Quando la motivazione al lavoro viene meno: Quiet Quitting e Great Resignation

La mancanza di motivazione al lavoro e un legame sempre più debole tra collaboratori e azienda è alla base dei due grandi trend che stanno facendo scattare l’allarme rosso all’interno della Direzione HR: Quiet Quitting e Great Resignation. Una correlazione confermata anche da Gallup: secondo lo studio State of the global workplace 2022, l’Italia è ultima (su 38 paesi) per percentuale di engagement all’interno delle imprese, percentuale che si ferma al 4%. Andiamo più nel dettaglio sulle due tendenze. 

  • Neologismo traducibile con “abbandono silenzioso”, il Quiet Quitting identifica un preciso atteggiamento, esploso nel post-pandemia, per cui uno o più dipendenti decidono consapevolmente di fare lo stretto necessario, evitando qualsiasi tipo di responsabilità e impegno oltre a quanto concordato da contratto. Per questo, il Quiet Quitting va a minare la produttività dell’organizzazione nel suo complesso, perché conduce a una potenziale, completa disaffezione dal proprio luogo di lavoro. 
  • Per Great Resignation o Grandi Dimissioni, si intende quel fenomeno di dimissioni volontarie, il più delle volte senza alcuna posizione lavorativa alternativa in mano, che si è diffuso prima negli Stati Uniti e ora coinvolge man mano sempre più Paesi, Italia compresa. Con le Grandi Dimissioni, i livelli di turnover sono schizzati alle stelle, impattando con prepotenza sulla voce costi dell’organizzazione e mettendone a rischio le strategie di sviluppo.  

Cosa fare per stimolare la motivazione al lavoro

Se è evidente che la motivazione ha una componente fortemente soggettiva perché va a incrociare obiettivi e valori di ogni singola persona nella sua diversità, è pur vero che esistono delle best practice attraverso cui costruire un più solido rapporto tra l’organizzazione e la singola risorsa, e attraverso le quali le imprese possono avvicinare i propri obiettivi con quelli delle persone. A seguire 3 consigli pratici per incrementare produttività ed engagement attraverso la crescita della motivazione al lavoro.  

Supporta lo sviluppo delle persone con la formazione

Come rileva il Global Workforce of The Future Report 2022, per il 31% dei lavoratori è l’assenza di opportunità di avanzamento e di percorsi di upskilling e reskilling a spingere verso le dimissioni. Ma non solo: il 44% tra gli intervistati non cambierebbe il proprio posto di lavoro a patto che possa crescere e migliorarsi personalmente e professionalmente. 

Pertanto, consolidare la propria employability è diventata una delle forze motrici alla base della motivazione al lavoro delle risorse. In questa prospettiva, si rivela essenziale far leva sulla formazione continua, non solo perché rende i lavoratori più soddisfatti di sé aumentandone la motivazione, ma contribuisce ad accrescere il valore del capitale umano in azienda, che può così affrontare le grandi sfide dell’attuale contesto di mercato con competenze hard e soft aggiornate. 

Cambia valutazione: dal feedback annuale al feedback continuo

Poiché la crescita personale e lo sviluppo professionale vanno alimentati passo dopo passo, è ideale integrare il processo di valutazione con meccanismi di performance management basati sul continuous feedback, al di là del consueto momento di confronto annuale. Si tratta di un metodo basato su incontri periodici tra manager e singola risorsa, accompagnati dal riconoscimento dei traguardi raggiunti e dall’analisi delle aree di miglioramento.  

Una valutazione delle prestazioni fondata sul feedback continuo contribuisce grandemente alla creazione e al successivo consolidamento della motivazione al lavoro dei dipendenti, perché rende possibile un confronto trasparente su performance, comportamenti e risultati raggiunti – ideale per un’evoluzione a tutto tondo della singola risorsa.  

Allontana il rischio burnout

Nel 2022 il burnout o esaurimento da lavoro ha riguardato il 59% degli occupati in Europa raggiungendo il suo massimo storico, come rivela lo Stada Health Report: dipendenti stressati non riescono a svolgere i propri compiti nel migliore dei modi e mancare gli obiettivi prefissati può indurre alla demotivazione che, nei casi più estremi, si traduce in dimissioni.  

Per fermare questo effetto domino è necessario che le aziende si muovano nella direzione del sostegno psicofisico dei propri dipendenti. Diverse sono le azioni che possono mettere in campo per evitare il burnout, quali l’erogazione di corsi per la gestione dello stress, dei giorni di riposo e/o permessi retribuiti per staccare la spina, la riprogrammazione dell’attività lavorativa in maniera sostenibile e la promozione di un equilibrio tra lavoro e vita privata limitando le richieste fuori orario.  

Inoltre, dato che buona parte della collaborazione sul lavoro si svolge tramite strumenti digitali, le organizzazioni possono offrire un supporto ai propri dipendenti anche organizzando corsi di digital wellbeing per acquisire la consapevolezza digitale necessaria a gestire in maniera equilibrata tutti i tool impiegati. 

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