Digital soft skill: come si mappano e come si integrano in azienda

12 Maggio 2021 in People Experience

Le digital soft skill rappresentano la chiave per dominare l’innovazione e fruttarne al meglio le sue potenzialità. Nell’era dell’industria 4.0, dove, secondo un’analisi realizzata dal McKinsey Global Institute, si stima che almeno la metà delle attuali attività lavorative possa essere automatizzata entro il 2055, le competenze tecnologiche sono fondamentali, ma non sufficienti se non affiancate dalle competenze trasversali come la capacità di problem solving, il pensiero critico, la creatività, l’abilità nel gestire flussi di comunicazione sempre più dinamici, la gestione del tempo.

Non è un caso che in uno studio congiunto i ricercatori dell’Università di Harvard, della Boston University e della Ross School of Business dell’Università del Michigan abbiano scoperto che i lavoratori formati sulle competenze trasversali si sono dimostrati il 12% più produttivi rispetto a quelli che ne erano carenti. Inoltre, circa un anno dopo la loro formazione, il ritorno sull’investimento dell’azienda è aumentato del 256%.

Quali digital soft skill servono oggi

Mentre le hard skill sono legate alla capacità di svolgere un compito, le soft skill riguardano come questo compito viene svolto. Trasportato questo concetto di base nell’ambito digitale, oggi fortemente presente in ogni settore, potremmo identificare come digital hard skill, per esempio, la conoscenza delle nuove tecnologie quali intelligenza artificiale o robotica, la conoscenza dei linguaggi di programmazione o delle infrastrutture informatiche; sono invece da considerarsi digital soft skill le abilità che permettono di usare al meglio queste nuove tecnologie.

Alla base dello sviluppo di qualsiasi digital soft skill è necessario un buon livello di digital mindset, ovvero quella capacità di approcciare l’innovazione digitale in maniera aperta, curiosa e proattiva predisponendosi al cambiamento. A questa però va affiancata anche una forte digital awareness ovvero, letteralmente, “consapevolezza digitale”, affinché sia sempre mantenuto un equilibrio tra lavoro e vita privata, senza dunque farsi fagocitare dai mille input provenienti da tutti gli strumenti a disposizione connessi con la rete.

Tra le digital soft skill possiamo annoverare il knowledge networking, ciò la capacità di ritracciare nella marea di informazioni disponibili sul web quelle di cui si necessita, organizzarle e poi condividerle sui social network e tutte le comunità virtuali; la digital privacy, che consiste nella capacità di riconoscere i rischi nella rete e essere in grado di tutelare dati sensibili e informazioni confidenziali; la virtual communication, ovvero la capacità di comunicare one-to-one e one-to-many in ambienti virtuali, indispensabile per esempio quando si lavora a distanza. E ancora, la capacità di ascoltare in rete e quella di influenzare, basti pensare all’importanza che hanno assunto i social media nelle aziende per la profilazione dei consumatori e per la loro acquisizione.

Come mappare e integrare le digital soft skill in azienda

Rientranti nella sfera delle caratteristiche personali, le digital soft skill sono meno facili fa misurare e anche, in un certo senso, meno facili da apprendere rispetto alle digital hard skills, quantomeno in una classe tradizionale. In ogni modo, anche le digital soft skill possono essere sviluppate all’interno dell’azienda attraverso un’adeguata formazione.

Il primo compito però resta nelle mani delle risorse umane, che valuteranno il livello del digital mindset al momento dell’assunzione. Proporre di registrare una video-intervista, prima di un incontro dal vivo, o analizzare i profili social del candidato, possono essere un primo modo per comprendere il suo grado di confidenza con i nuovi canali di comunicazione. Se la padronanza di questi strumenti risulta minima o totalmente assente è probabile che la figura non sia adatta a ricoprire ruoli che comportino il confronto costante con le nuove tecnologie sebbene le sue competenze tecniche siano buone.

Per mappare il livello di competenze del lavoratore esistono diversi sistemi che possono essere messi in campo singolarmente o in maniera sinergica I più noti sono:

  • i questionari, spesso non molto affidabili poiché è il lavoratore stesso ad esprimere un giudizio rappresentano comunque un buon punto di partenza per conoscere e valutare chi si ha davanti;
  • i colloqui diretti;
  • i test attitudinali;
  • l’osservazione del lavoratore durante lo svolgimento dei suoi compiti;
  • le verifiche sul lavoro prodotto.

Da queste tipologie di analisi è possibile, dunque, non solo determinare l’idoneità del lavoratore a un determinato ruolo, ma anche comprendere se vi è la necessità di un supporto formativo per superare eventuali punti di debolezza.

Una volta delineato il profilo del lavoratore ed eventualmente individuati margini di miglioramento nell’ambito delle digital soft skill è possibile prevedere l’attivazione di corsi di formazione. Ma se ciò che deve essere sviluppato sono le competenze trasversali inerenti all’ambito digitale, quale migliore palestra se non quella ricreata in un ambiente virtuale, nel quale la “nozione” si fonde con l’esperienza immediata?

Il digital learning offre oggi una vasta gamma di possibilità per coinvolgere gli utenti attraverso nuove forme di apprendimento interattive, aiutandoli contemporaneamente a sviluppare le digital soft skill. Classi virtuali, progetti di gruppo, uso della gamification, competizioni, chat, forum di confronto: sono tutti strumenti che non solo aiutano a veicolare contenuti utili per procedere verso un accrescimento delle proprie conoscenze, bensì contribuiscono allo stesso tempo a migliorare le abilità digitali.

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